Perché si polverizzano gli esiti da completa cremazione di un defunto

Spettabile redazione di funerali.org,
sono un’ impresaria funebre: vorrei esporvi un quesito.
Stamattina, si è presentato un cliente nell’ufficio dell’agenzia presso cui lavoro attualmente, ponendomi una semplice domanda, cui, però, io non ho saputo rispondere.
Il nostro futuro e potenziale cliente mi chiedeva se alla sua morte le sue spoglie per sua espressa volontà potessero essere sì cremate, ma invece di essere ridotte in cenere o in polvere, venir direttamente riunite in cassetta ossario e quindi tumulate presso una celletta o nella cappella gentilizia di famiglia.
Come certo saprete benissimo nei fumanti resti di un feretro (o dei suoi residui) estratto dal forno crematorio alcune piccole ossa sono ancora parzialmente integre, così bisogna passare all’ultima fase della cremazione prima della raccolta ddelle ceneri, con gli avanzi del cadavere incinerato che vengono introdotti in una speciale macchina capace di polverizzarli rendendoli come granelli inorganici di finissima sabbia.
il cliente cui mi riferisco ha già cremato due parenti, è un fervente sostenitore della pratica cremazionista ma sa di tale operazione che lo terrorizza non poco, quindi vorrebbe evitarla lasciando precise disposizioni perchè i resti delle sue membra quando, ancora incandescenti, saranno prelevati dal forno siano subito riuniti nella classica ed antiestetica cassettina ossario, senza esser sminuzzati. Si può fare?
Esiste a tal proposito qualche disposizione di legge?

Gentile lettore:
l’esito completo di una cremazione di cadavere (art. 343 comma 2 R.D. n. 1265/1934) è un residuo grumoso, in cui si ravvisano ancora le vaghe forme di qualche vertebra, osso o sua parte.
Per una imprecisata ragione, forse non solo estetica, ma anche operativa questi avanzi cinerei vengono triturati da un dispositivo simile ad una macina.
In effetti, parti piuttosto grandi delle ossa più lunghe e voluminose come il femore difficilmente potrebbero rientrare nelle dimensioni abbastanza contenute di una classica urna cineraria.
In passato, all’epoca delle prime cremazioni, il problema non sarebbe sussistito e, di conseguenza, le urne erano più grandi.
Resti granulosi, ossa o ceneri finissime, rinvenuti nella cella ancora bollente del crematorio, sono, comunque, sostanze neutre che non è mai vettore di alcuna infezione; l’altissima temperatura cui sono stati sottoposti li ha perfettamente sterilizzati.
La cassetta di zinco, quindi, non sarebbe necessaria per garanire l’igiene durante la raccolta e la conservazione delle ceneri, il trasporto delle stesse, infatti, non richiede mai le modalità (impermeabilità a composti aeriformi e liquami) cui è, invece, subordinato il trasferimento di un cadavere da un luogo all’altro (art. 80 comma 5 D.P.R. n. 285/1990 e, soprattutto, art. 3 comma 1 lett. f) L. 30 marzo 2001 n. 130).
Basterebbe, dunque, anche un semplice contenitore di plastica, come accade in Inghilterra, o legno, si tratta del famoso “SISTEMA di RACCOLTA CENERI” di cui all’art. 2 comma 1 lett. e) D.M. 1 luglio 2002, emanato ai sensi dell’art. 5 comma 2 L. 130/2001. (si veda anche il paragrafo 14.2 della Circ. Min. Salute 24 giugno 1993 n. 24.
Un involucro zincato, di capienza maggiore rispetto all’urna, potrebbe riuscire utile solo quando i residui ossei non frantumati, come avverrebbe secondo il desiderio del suo cliente, non potessero esser racchiusi nell’urna per il loro eccessivo ingombro.
Poco, però, importerebbe che il recipiente fosse di zinco, o altro materiale, siccome lo zinco, per le sue intrinseche caratteristiche chimico-fisiche, è prescritto principalmente qualora si debba assicurare l’ermeticità a liquidi e gas cadaverici.
Prima si parlava di un generico motivo, non meglio identificabile, perchè nel nostro ordinamento i famigliari, a differenza dell’Olanda, ad esempio, spesso non possono accedere al forno crematorio nè assistere alle fasi dell’incinerazione.

L’urna viene consegnata chiusa e sigillata, quindi nessuno, a meno di profanarla, potrebbe mai verificarne il contenuto, salvo intervento della Pubblica Autorità.
C’è, probabilmente una spiegazione, molto sottile, per cui l’esito di una cremazione viene ulteriormente trattato: in Italia, è già permesso quasi in ogni Regione, lo spargimento in natura delle ceneri, ma quest’ultime possono esser disperse anche in un’apposita area all’interno del recinto cimiteriale, o residualmente ex art. 80 comma 6 D.P.R. n. 285/1990, nel cinerario comune.

Certo, schegge e pezzetti d’ossa frammisti a cenere non sarebbero per i dolenti uno spettacolo edificante, poi regolamento nazionale di polizia mortuaria, l’unico corpus normativo davvero in vigore, seppur a tratti e con andamento carsico, prescrive che l’ossame conservato in cimitero sia preservato dallo sguardo a volte indiscreto del pubblico, quindi, per analogia, potremmo dedurre come questa norma valga anche per le ceneri, di fatto assimilabili a resti ossei.
L’unica maniera sicura, allora, per spargere le ceneri del de cuius in un’aiuola del camposanto è che quest’ultime siano in tutto e per tutto uguali ad un omogenea, sottilissima ed indifferente polvere.
Nel caso concreto da lei prospettatoci una soluzione seria e ragionevole potrebbe esser l’ informale richiesta prima al gestore dell’impianto, poi all’operatore che nel momento concreto segue e guida dal pannello di comando tutte le fasi della cremazione.
Certo, il de cuius potrebbe richiedere espressamente che le sue ceneri non siano sminuzzate, sotto il profilo igienico-sanitario nulla cambierebbe, ma se la Legge prevede espressamente questo passaggio con procedura automatizzata, non si possono esperire ulteriori soluzioni.

La richiesta, pertanto deve intendersi respinta, per i motivi di cui sopra.

Written by:

Carlo Ballotta

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2 thoughts on “Perché si polverizzano gli esiti da completa cremazione di un defunto

  1. X Tommaso,

    Non risultano, su scala nazionale, norme dirette in tal senso, ma solo norme indirette (visto che il crematorio deve essere dentro un cimitero e il cimitero deve distare dall’abitato, anche il crematorio deve, logicamente, distare dall’abitato).
    In passato il crematorio era considerato industria insalubre di I classe (fino al D.M. 23/12/1976), ma poi non è più stato inserito nell’elenco, che ora è stato aggiornato con D.M. 5 settembre 1994 “Elenco delle industrie insalubri di cui all’art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie” (GG.UU. 20 settembre 1994, n. 220, suppl. ord. e 10 dicembre 1994, n. 288, suppl. ord.).

  2. La mia è una domanda.
    Nel mio paese si dovrebbe a breve realizzare un forno crematorio. I lavori sono stati addirittura appaltati e consegnati. Quindi a breve dovrebbero iniziare i lavori. Ma improvvisamente è sorto un comitato “ No forno “ per motivi di inquinamento. Chiedo: sono valide queste motivazioni? C’è veramente rischio di inquinamento?

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